Vi racconto il webtoon, e come l’ho visto nascere.

Era il 2005 quando ho sentito parlare per la prima volta di fumetti sul cellulare. All’epoca ero a Tokyo, e stavo studiando in una scuola professionale per diplomarmi in manga e character design. Già allora mi interessavo di manga digitale e webcomic, provando vari software tra cui Deleter ComicWorks e Manga Studio (l’antenato di quello che oggi è Clip Studio Paint); ma la situazione era molto diversa da adesso, non c’erano ancora gli smartphone, e le tavolette a schermo, se mai esistevano, erano una rarità molto costosa; il manga digitale nel suo formato “classico” in pagine, in Italia, doveva ancora arrivare, e già pubblicare online la prima fanzine del mio collettivo artistico, anziché su carta come facevano tutti, per l’epoca era una cosa pionieristica. Più che di webtoon, all’epoca, si parlava ancora di webcomic, fumetti pubblicati online, ma nel classico formato in pagine.

I giapponesi, però, avevano grandi telefoni a conchiglia con grandi schermi, e il primo manga su cellulare che mi ricordo di aver intravisto, in una pubblicità che ne parlava, era un riadattamento per cellulare di uno shonen d’epoca piuttosto celebre. Non aveva niente a che vedere con i webtoon di oggi, però: per quel che mi ricordo era un concetto più simile a un altro sottogenere del webcomic ancora più d’avanguardia di cui mi sto occupando al momento: i SNS toon, ovvero, fumetti per social media, che si differenziano dal webtoon per vari aspetti, fra cui lo scorrimento orizzontale, sfruttando, ad esempio, i “caroselli” di Instagram.

La cosa comunque mi incuriosì abbastanza da riportarla in maniera molto entusiastica al mio collettivo e da decidere, fin da allora, di intraprendere la strada del web in un’Italia che ancora stava imparando a disegnare i manga su carta: da qui, la scelta di fare uscire la nostra fanzine, e il mio primo fumetto in collaborazione, solamente per web, per quanto ancora nel formato classico in pagine.

In realtà, in Corea del Sud, i webtoon (nome derivato dalla fusione di “web” e “cartoon”) esistevano già da qualche anno. I primi casi di webtoon documentati risalgono al 2003-2004, con la pubblicazione sui portali Daum e, successivamente, Naver, dei primi prototipi. Distinti come generazione 0 (senza uso di flash) e generazione 1 (con piccole animazioni in flash), questi webtoon erano però più simili al concetto di webcomic, ovvero, pubblicati in pagine, similmente a quanto avviene per la carta. Esattamente come quelli che disegnavamo noi.

È solo dalla cosiddetta seconda generazione che si inizia, qualche tempo dopo, a parlare di webtoon vero e proprio. La grossa differenza di questa nuova generazione di webtoon, infatti, sta nel suo formato rivoluzionario, che passa dalla pagina classica a una lunga striscia verticale, organizzata in una maniera completamente diversa. La prima regola di questo secondo tipo di webtoon, che poi è quello che ha dato al media il suo attuale formato, è: non avere necessità di toccare il telefono in nessun altro modo che non sia scrollare verticalmente (c’è un’eccezione a questa regola, nel canone del webtoon coereano, che per la verità, da lettrice, non mi fa impazzire… ma ne parleremo in un articolo a parte). L’esperienza di lettura cambia moltissimo, diventando più scorrevole e fluida, specie sugli schermi piccoli dei device mobili.

La prima volta che mi sono imbattuta in questo nuovo formato era il 2010: insegnante di manga da qualche anno, con la mia prima tavoletta a schermo, ormai retinavo i webcomic quasi interamente in digitale, anche se continuavo a inchiostrarli a mano, e avevo fra le mani il mio primo iPhone (era il 2!!). Un giorno, una mia amica arrivò a casa mia mostrandomi un fumetto che trovava rivoluzionario: era in stile anime, a colori, organizzato in una lunga striscia, con tante schermate consecutive – anche se orizzontali e non verticali come i webtoon attuali – e aveva delle piccole animazioni in flash. Ai miei occhi assomigliava quasi allo storyboard di un anime inchiostrato e colorato. Mi ricordo che la cosa mi colpì, oltre che per la somiglianza con l’anime, perché, da studiosa, era uno sviluppo interessante e totalmente inaspettato del webcomic. Cominciai saltuariamente a informarmi sull’argomento, ma non più di quanto mi appassionassi di anime o di colorazione.

Flash forward. Passa ancora qualche anno, arriviamo alla metà del decennio 2010-2020: in quel periodo ero in congedo familiare, e mentre studiavo Clip Studio Paint per abbandonare gradualmente la carta anche nelle prime fasi del lavoro, sulle piattaforme e nei gruppi di appassionati francesi e spagnoli che frequentavo, iniziava a comparire l’argomento un po’ troppe volte per non notarlo: i webtoon ormai cominciavano a diffondersi anche in Occidente, con le traduzioni ufficiali e i primi autori occidentali che tentavano di svilupparne di propri attraverso le piattaforme di self-publishing. Continuavo a seguire il fenomeno con sempre maggiore interesse, complici anche alcuni fattori: il progressivo passaggio dalla carta a disegnare in full digital, la facilità di lettura senza dovermi portare in giro per ospedali la borsa piena di volumi pesanti, e il sempre crescente distacco verso il manga shojo, le cui eroine, liceali sempre più deboli e passive, non mi offrivano più grande capacità di empatia e immedesimazione, al punto che ormai leggevo principalmente classici pre-2000 e italiani. Le eroine del webtoon di genere romantico, invece, mi intrigavano perché più simili a quelle degli shojo della mia adolescenza: innamorate del protagonista, certo, ma anche dotate di una personalità propria, di obiettivi diversi dal conquistare qualcuno, capaci di lottare per sé stesse e di difendersi, anche, se necessario. Immerse spesso in mondi fantasy pieni di intrighi di corte che cercavano di sventare e combattere.

Insomma, l’argomento iniziava a affascinarmi davvero, e volevo saperne di più, ma c’era il solito problema: la lingua. Le informazioni che si trovavano in lingue occidentali erano frammentarie, scarne, spesso scritte da e per occidentali, per la realizzazione di webtoon dall’estetica cartoon che poco avevano a che vedere con il formato coreano che io cercavo e vedevo sotto i miei occhi. Ero di nuovo al punto di partenza, a quando, prima di iniziare a studiare, mettevo le mie tavole accanto a quelle dei manga giapponesi e non sembravano abbastanza manga. E non c’è una cosa che, per me, è un invito a tuffarmi a piene mani nella tecnica come la sensazione di un nuovo inizio e di un territorio incognito da scoprire. Così, ho pensato di intraprendere di nuovo la stessa strada, ma questa volta davanti a me c’era un ostacolo grosso, anzi due: io in quel momento ero bloccata in Italia, perché, con l’unico genitore che mi era rimasto gravemente malato, e di cui ero responsabile, non potevo allontanarmi, e, in più non conoscevo il coreano bene quanto il giapponese.

Questo può bastare a scoraggiare chi, pur di imparare il manga alla sua origine, è andata da sola dall’altra parte del mondo e pur di continuare a formarsi ha studiato in dad prima che la dad fosse diffusa? Ovviamente no.

Il primo passo, quindi, è stato quello di iniziare dall’unico materiale completo e attendibile nella lingua che per me era più facile da leggere, ovvero, il giapponese. Con un po’ di fatica mi sono procurata un paio di libri e una serie di articoli tecnici e ho iniziato a studiare, perché a quel punto, ormai, la curiosità di capirne di più era diventata una cosa incontenibile: questi fumetti nuovi, pensati per un pubblico giovane e nativo digitale, creati su una striscia dal flow lungo e sinuoso, cominciavano davvero, davvero a prendermi più di quanto io stessa volessi ammettere. Per me era, una seconda volta dopo il manga digitale, come avere lì davanti a me un assaggio del futuro della materia a cui ho dedicato la vita, e non esiste una sensazione capace di darmi più adrenalina di questa.

Naturale, quindi, che una volta imparate le basi, cominciasse a farsi strada di nuovo quella sensazione: la curiosità bruciante di saperne di più, di voler affondare le mie mani così tanto nella tecnica da padroneggiarne i segreti. Il webtoon ha sicuramente molto in comune con il manga e con le tecniche di produzione delle cell di anime che avevo studiato a scuola, ma continuavo a farmi domande, a trovare ancora qualche dettaglio della materia che mi sfuggiva, che volevo capire meglio, a ripetermi la stessa cosa che ripeto sempre quando insegno: noi stiamo imparando un media che è come una lingua straniera, non lo si può fare bene senza conoscere a fondo le regole del media stesso, così come sono dettate da chi lo ha creato. E quando subentra quella sensazione, significa che la cosa si fa seria, e che niente mi fermerà finché la mia sete di conoscenza non sarà soddisfatta.

Quindi mi sono detta: se io non posso andare in Corea, porterò la Corea da me. E ho iniziato a lanciare in rete chiavi di ricerca in coreano, con la quantità di coreano che sapevo perché un po’ l’avevo studiato. Finalmente, due o tre di quelle chiavi di ricerca hanno dato un risultato, e poco dopo sul mio tavolo c’era un tablet con 5 tomi di 5-600 pagine sul webtoon, una lista di videolezioni attendibili, e un dizionario italiano-coreano. Vi risparmio il racconto della fatica e la gallery di scene di sconforto che è stato, a volte, leggere tutto, finché sul mio tablet, al posto di quei tomi e di quei video, al mio ritorno al lavoro, c’erano 7 taccuini di appunti in una lingua leggibile, il piano di un vero e proprio corso di webtoon, e una prima bozza in strisce di quello che, inizialmente, era stato progettato per essere il mio nuovo webmanga.

In quest’ultima parte, ha avuto un ruolo motivazionale importante un webtoon in particolare. Si chiama The Abandoned Empress, e ne ho parlato qualche volta nelle mie live sull’argomento. È un webtoon romance coreano di genere isekai, ovvero, quel tipo di webtoon in cui un personaggio proveniente dalla Corea del mondo reale appare o si reincarna in un mondo fantasy, il più delle volte quello di un romanzo o videogioco.

Chi mi conosce e mi segue da quando ancora disegnavo su carta, sa che la mia storia col manga, e col manga digitale, è essenzialmente una storia d’amore che va avanti da più di trent’anni. C’è un momento, nitidissimo nella mia memoria nonostante avessi appena tre anni, che io identifico come quello in cui mi sono innamorata del manga: ne ho parlato più di una volta, nelle mie live e nelle interviste. È il momento in cui ho visto Goldrake per la prima volta in televisione, e sono rimasta così affascinata da pensare “è la forma più bella del mondo, voglio disegnare così!”. Allo stesso modo The Abandoned Empress per me resterà sempre IL webtoon, quello che per primo, da tecnica che si interessava all’argomento per “curiosità scientifica” e a scopo divulgativo, mi ha fatto battere il cuore e pensare: “è bellissimo, voglio farlo anch’io!”. E che, più di ogni altro, ha influenzato il mio modo di fare e pensare il webtoon. Da lì in poi, sono stata travolta completamente: ero partita con l’idea timida di “faccio un manga e poi faccio anche la versione webtoon per sperimentare”, mi sono ritrovata a trasformare, in un’estate, 200 pagine di manga in strisce.

Fine della storia. Siamo nell’autunno 2021, hallyu, l’onda della cultura sudcoreana, è arrivata a toccare l’Italia con la musica, i k-drama, la cucina e molti altri suoi aspetti. il webtoon, da prodotto amatoriale di nicchia gratuito è ormai diventato, in Corea del Sud, un media mainstream, tanto da essere considerato ormai, nel linguaggio comune, sinonimo di manhwa. Il suo mercato muove cifre importanti, dai webtoon si ricavano volumetti stampati, anime, serie TV e altri media, e, all’inverso, molti novel famosi vengono tradotti in webtoon. Per quanto riguarda me, per il mio prossimo progetto ho deciso di scommettere su questo media, che in Italia è ancora ben lontano da diventare mainstream, ma con l’avvento di Solo Levelling, sta interessando un numero crescente di appassionati, specialmente fra i giovanissimi nativi digitali che hanno grande familiarità con i cellulari.

Dopo aver introdotto, quasi due anni fa, il primo corso di webtoon in lingua italiana, adesso lo insegno accanto al manga tradizionale, e come è stato a suo tempo col manga, cerco di far conoscere e amare questo media ancora sconosciuto alla maggior parte degli appassionati, nella speranza che la comunità italiana del webtoon cresca.

Per chi non lo conosce ancora, perciò, continuate a seguirmi su questo blog e sul mio profilo instagram, perché continuerò ancora a parlarvene, a raccontarvi com’è creare una serie su strisce, e a cercare di trasmettervi un po’ della meraviglia che trasmette a me.

Questo sito usi cookie di terze parti per migliorare l’esperienza e raccogliere statistiche anonime. Grazie di voler accettare